Che cosa sono le Radici, Fusto e Foglie





In questo articolo verranno affrontati in maniera semplice e concisa, i 3 organi principali costituenti delle piante: le radici, il fusto e le foglie.

Poco per volta, verranno aggiunti collegamenti ipertestuali per avere dei singoli approfondimenti, su ognuno di questi 3 organi.

In quanto anche se in apparenza possono risultare di facile comprensione e di basso livello di difficoltà d’apprendimento, vedremo che sono degli argomenti tutt’altro che semplici!




Indice

 

Le Radici

Le radici sono il primo dei 3 organi della pianta, hanno l’importante funzione di ancorare la pianta al terreno.

Esistono però, anche determinate tipologie di piante chiamate epifite, che in poche parole sono piante che crescono sopra altre piante; in questo caso, le radici serviranno per ancorarsi in alcune cavità di altre piante.

Oltre che avere il ruolo di “ancora”, le radici hanno il compito essenziale di assorbire i fluidi dal terreno, ovvero acqua miscelata a diversi sali minerali.

Il processo dell’assorbimento dell’acqua, avviene tramite osmosi; mentre quello dei sali minerali per trasporti attivi e passivi

Le forme delle radici sono alquanto differenti, e possono differire da specie a specie.

 

Radici comuni, Radici a fittone

Generalmente, le più comuni, formano un fitto reticolo di radici subito sotto il fusto, assorbendo cosi l’acqua che avrà più lentezza e difficoltà a filtrare nel sottosuolo.

Un altra tipologia classica, è quella che viene chiamata radice a fittone, in questo caso, sarà presente una radice centrale, di maggiore spessore e lunghezza, chiamato fittone, dove tutt’attorno si instaureranno numerose radici secondarie più piccole.

Il ruolo della radice a fittone, è di ancorare in modo maggiore la pianta alle profondità del terreno, riuscendo a carpire ancora più acqua da esso.

Una radice a fittone può fungere anche da deposito per la pianta, infatti qui abbiamo la terza funzione delle radici: il deposito di materiali.

Questa funzione è differente anch’essa da pianta a pianta, anche se in comune è presente il deposito di carboidrati ovvero zuccheri per il sostentamento della pianta stessa durante i periodi più svantaggiati.

Generalmente tali zuccheri sono presenti sotto la forma di amido.




La quiescenza vegetale

Un esempio concreto è quello della carota, la quale crea una bellissima radice a fittone! (Ebbene si, è una radice e non una verdura).

Quando si viene a creare quello che noi chiamiamo carota, nel terreno, da un punto di vista botanico è prettamente una riserva per la piantina verde superiore per poter sopravvivere d’inverno quando andranno a seccarsi il fusto e le foglie.

Cosi, durante l’inverno, il tessuto radicale sarà in grado di sopravvivere, in uno stadio metabolico di letargo, che viene chiamato quiescenza.

Al migliorare delle stagioni, un anno dopo, grazie a quella risorsa di carboidrati, la pianta di carota potrà tornare a crescere, prolungando la sua vita. (Cosa alquanto rara, visto che ne mangiamo le sue riserve)

Tra l’altro, questo è il motivo per il quale a volte si dice che la carota sia un ortaggio abbastanza “grasso” perché è una riserva di zucchero a tutti gli effetti!

 

Amido, Bulbi, Rizomi

Il processo, è abbastanza semplice da comprendere, durante la bella stagione, le foglie creano glucosio tramite la fotosintesi clorofilliana, e parte di quel glucosio, viene accumulato nella radice.

Come però in ogni organo vegetale, esistono differenti tipologie di specializzazioni, in questo caso, potremo assistere a radici, che un botanico in se non definirebbe mai tali.

Un esempio è la patata, che spesso è a tutti gli effetti una radice (non a fittone) modificata chiamata tubero.

Poi ci sono i bulbi, che sono delle foglie sotterranee modificate, un esempio chiaro è la cipolla; dal quale si può notare in maniera accurata la stratificazione delle diverse foglie.

Esistono anche i cormi e i rizomi, come nel caso dello zenzero, che sono dei fusti modificati.

Un ultimo argomento importante, da trattare sempre con estrema concisione, sono le barriere chimico-fisiche presenti all’interno della radice.

Visto che l’acqua e i sali minerali sono essenziali per la pianta, essa ne ha un grande bisogno; però questi componenti devono essere assorbiti in quantità adeguata, e pure filtrati in base alle necessità della pianta.

Infatti una pianta senza una sorta di regolazione a livello radicali, rischierebbe di esplodere, se andasse in contro a un terreno troppo acquoso.

Cosi, la natura ha trovato un meccanismo per difendersi, chiamato ossalato di calcio.




Ossalato di calcio, banda del caspary e la farmacognosia

L’ossalato di calcio, o più comunemente chiamati cristalli d’ossalato, sono delle sostanze chimiche che si uniscono all’interno della radice per creare una sorta di frontiera.

Dove al di sotto, l’acqua e i sali minerali sono assorbiti completamente dalla radice, mentre al di sopra vengono filtrati solo i necessari, da portare poi al fusto e foglie.

Questa struttura è chiamata banda del caspary.

Una nota interessante è che ogni pianta ha una forma differente di ossalati di calcio, infatti da tali, è possibile capire che pianta abbiamo di fronte; un ottima strategia per evitare truffe erboristiche, quando una materia prima poco costosa viene fatta passare per una esteticamente simile ma molto più cara.

Generalmente si dice che hanno un interesse farmacognostico.

Tale termine, riguarda quella tipologia di scienza che tratta le piante naturali come rimedi farmaceutici; infatti come prerequisito per creare un rimedio farmaceutico corretto, è partire da una corretta materia prima.

Per fare ciò, si controllano gli ossalati di calcio.

 

Il Fusto e la lignificazione

Ogni pianta che ha completato il processo evolutivo moderno, (esistono diverse catalogazioni di piante in base al loro stadio evolutivo, come le tallofite, cormofite, briofite, pteridofite, spermatofite), possiede un fusto.

Il fusto può avere una forma, dimensione e colore differente, ma fusto rimane.

La differenziazione più importante, è quella del comprendere se siamo alla presenza di un fusto lignificatonon lignificato.

La soluzione è molto facile, se il fusto sarà verde, avrà un tessuto parenchimatico non lignificato, e di conseguenza potrà pure fare la fotosintesi.

Mentre un fusto lignificato, avrà la classica colorazione marrone (del legno), e una forte rigidità alla trazione, flessione e compressione.

Il legno viene composto da una molecola chiamata lignina, che va a depositarsi sul parenchima del fusto.

Il termine parenchima significa tessuto.

Un altro compito, abbastanza ovvio del fusto, è quello del dover sostenere le foglie, che andranno a posizionarsi in maniera tale da catturare più luce possibile.




Il fusto e il trasporto di sostanze, xilema e floema

Come si può ben comprendere dal titolo, la seconda caratteristica chiave dell’organo fusto, è il trasporto di sostanze nutritive dalle radici a tutta la pianta.

Questo nello specifico è un argomento molto complesso, quindi proverò a sintetizzarlo nella maniera più semplice (in questo articolo).

Esistono due tipologie di cellule specializzate, che vanno a creare dei tubuli continui che permettono alle sostanze di circolare nella pianta.

Parliamo di una sorta di sistema sanguigno delle piante; chiamato sistema vascolare.

é creato da floema xilema, che si dividono i compiti, come le vene ed arterie nel nostro corpo.

Lo xilema trasporta acqua e sali minerali dalle radici all’intera pianta, quindi ha un movimento dal basso verso l’alto contro gravità.

Il floema, invece, trasporta gli zuccheri e i metaboliti secondari dalle foglie all’intera pianta; in questo caso il movimento sarà dall’alto verso il basso, secondo gravità.

Questa differenza della gravità, andrà a spiegare perché questi due canali, hanno caratteristiche, lunghezze e spessori nettamente differenti; visto che non solo avranno un fluido differente, ma anche una pressione differente.

Questo sistema vascolare, spesso è protetto da fibre, il quale anch’esse hanno diverse divisioni, possono essere di cellulosa, emicellulosalignificate.

 

La resina e il latice del fusto

Quando vengono danneggiati, la pianta rilascerà resina se è una pianta resinifera, o lattice, che spesso è anche chiamato latice.

Queste due sostanze sono dei fluidi con molte funzioni differenti, in primo luogo tamponano la ferita, bloccando l’afflusso esterno e il calo di pressione.

In secondo luogo, spesso contengono sostanze amare tossiche, che andranno a scoraggiare l’animale erbivoro parassita, che sta tentando di cibarsi di questa pianta.

Un esempio comune, è il famoso papavero da oppio (Papaver Somniferum) che rilascia un latice talmente potente, da poter uccidere gli animali.

All’interno di questo latice, sono presenti alcune delle sostanze alcaloidi più potenti in natura, come la morfina




Le foglie

Le foglie sono l’ultimo dei tre organi principali della pianta.

Sono la parte più esterna ed anche la più importante, in quanto sono responsabili della creazione dello zucchero che la pianta necessita.

Infatti, creano zucchero tramite un processo chiamato fotosintesi clorofilliana.

Su questa base, si vanno a comprendere la forma e l’ampiezza delle foglie, a differenza del fusto e delle radici.

Una base più ampia, permetterà alla pianta di avere una maggiore superficie per effettuare la fotosintesi.

Oltre che fare la fotosintesi, le foglie hanno anche una seconda funzionalità; posseggono un tessuto che è possibile definire spugnoso, che consente lo scambio fra due molecole importanti, l’anidride carbonica (CO2) L’ossigeno (O2).

 

Gli stomi delle foglie

Questo scambio, fra l’altro strettamente collegato alla fotosintesi clorofilliana, viene effettuato da piccole fessure, presenti particolarmente sulle foglie, detti stomi.

Gli stomi si apriranno e chiuderanno in base all’esigenza delle cellule delle piante, grazie a dei processi chimici localizzati nelle cellule subito a loro adiacenti.

Queste cellule sono chiamate cellule di guardia, e funzionano prevalentemente grazie alla pressione data dai composti chimici.

Visto l’importanza delle foglie, nel tempo l’evoluzione le ha donato diversi sistemi di difesa per sopravvivere agli insetti, animali e intemperie dell’ambiente.




Peli, Cera e cutina delle foglie

Nelle condizioni di aridità, o di climi troppo caldi, le foglie si troveranno ricoperte di cera o cutina, questi due composti sono a tutti gli effetti delle cere, che permetteranno alla foglia di perdere meno concentrazione di acqua.

Un altro sistema di difesa sono i peli, che aumentano la rifrazione del sole, permettendo alle piante di resistere al caldo.

Questi sistemi, possono andare fino all’estremo; basti pensare a un cactus, che ha perso completamente le foglie per evitare la perdita di liquidi.

E alla domanda: ma come fa il cactus a fare la fotosintesi clorofilliana? la risposta è semplice e basta guardare il suo fusto!

Essendo di colore verde, significa che siamo di fronte a un parenchima clorofilliano, ovvero un tessuto epidermico che è in grado di effettuare lui stesso la fotosintesi.

peli però, non servono solo a difendersi dal sole, in quanto ne esistono decine di tipologie differenti.

peli delle ortiche per esempio, sono composti da due parti, una base calcificata e una punta silicizzata.

La punta silicizzata, si rompe al contatto, rilasciando un liquidi irritante, che allontanerà la minaccia.

 

Foglie amare, tossiche e velenose

Infine, alcune foglie potranno essere completamente tossiche, grazie alla produzione di composti chimici, che impediranno o renderanno difficile agli insetti o erbivori, di mangiare, digerire e gustare le foglie stesse.

A volte però, le foglie saranno solo amare, grazie a composti chiamati tannini, che scoraggeranno gli insetti a mangiare, ma che non creano problemi per la salute.

Una curiosità importante, è che più una foglia è giovane, e più sarà tossica; in quanto dovendo svolgere le proprie funzioni di vita per ancora molto tempo, necessita di più difese.

Mentre una foglia adulta, sarà spesso meno tossica e irritante.

Un’altra curiosità, è che spesso, determinate piante terapeutiche possono essere tossiche nei primi anni di vita, diventando però benefiche negli anni successivi.

Per questo non bisogna mai far da se, quando parliamo di trattamento e coltivazione di piante benefiche; ma bisogna sempre affidarci all’esperienza di un esperto.



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