Perché gli oli di semi fanno male





Fin dagli anni 70 l’Italia ha iniziato a importare grandi quantità di oli di semi; introducendoli nel mercato alimentare come alternativa all’olio d’oliva.

Le motivazioni sono molte, hanno un costo più accessibile, un sapore leggero, sono più fluidi e spesso vengono preferiti per cucinare.

Molti pensano che siano più salutari; ma è davvero cosi?

 

Indice




Perché gli oli di semi fanno male

Gli oli vegetali di semi non erano disponibili nel mercato fino al 20° secolo, quando divenne disponibile la tecnologia per estrarli.

Gli oli di semi che troviamo in commercio sono ottenuti dalla spremitura di semi privi di acqua, grazie all’uso di solventi chimici come nichel e alluminio.

Sottoposti ad altissime temperature, la struttura chimica degli acidi grassi di questi oli si modifica, tutto ciò per prevenire l’irrancidimento e l’ossidazione del prodotto.

Questo però porta alla formazione di acidi grassi idrogenati; in una grande percentuale che va da 25 al 45%.

Possono sembrare leggeri in quanto possiedono un odore quasi assente, sono limpidi e poco densi.

Ma tutto ciò è dovuto semplicemente a processi di deodorazione e decolorazione.

Così anche molti prodotti industriali hanno iniziato a contenere queste tipologie di grassi; anche se sull’etichetta compare solo la frase “oli vegetali” camuffando con un termine apparentemente sano un qualcosa di non salutare.

 

Esistono più tipologie di oli vegetali, a quali devo stare più attento?

Come prima cosa dobbiamo stare attenti a delle tipologie di oli che non troviamo direttamente in commercio o che all’apparenza non sono ciò che sembrano; come per esempio l’olio di palmisto e l’olio di sansa.

L’olio di palmisto è una sostanza estratta dal nocciolo della palma, ha una qualità bassissima di acidi grassi.

Anche se non lo troviamo ovviamente sfuso sotto forma di liquido, viene utilizzato nella produzione di molti prodotti dolciari; dobbiamo leggere le etichette ed evitare i prodotti che lo contengono.

L’olio di sansa invece è un prodotto particolare, perché può essere confuso con olio d’oliva, quando in realtà contiene solo una minima percentuale di esso, prevalentemente il 30%; per il resto è composto da varie miscele di diversi oli di semi.

Per quanto riguarda invece il loro contenuto di grassi idrogenati e omega-6 bisognerebbe evitare:

  • 1) Olio di semi di soia
  • 2) Olio di semi di cotone
  • 3) Olio di semi di girasole
  • 4) Olio di crusca di riso
  • 5) Olio di colza
  • 6) Olio di mais
  • 7) Olio di arachidi
  • 8) Olio di sesamo




Perché i grassi idrogenati sono pericolosi

Ci sono vari motivi per il quale il consumo di grassi idrogenati andrebbe evitato:

  • Sono diabete induttori (aumentano la possibilità di far insorgere il diabete).
  • Riducono i livelli di testosterone nel corpo umano.
  • Interferiscono con l’attività regolare del sistema immunitario.
  • Possono aumentare le infiammazioni dei tessuti e l’insorgenza di trombi nelle arterie.
  • Modificano la permeabilità delle membrane cellulare e modificano il numero e la costituzione degli adipociti (le cellule che accumulano il nostro grasso).
  • Interferiscono con il ciclo di vita dei neuroni.
  • Aiutano ad aumentare il colesterolo LDL, la tipologia più pericolosa di colesterolo.
  • Diminuiscono la sintesi degli acidi grassi essenziali omega 3.
  • Possiedono più precursori degli acidi grassi omega 6 di cui è già ricca la nostra alimentazione, carente invece di omega 3.

Lo squilibrio tra omega 3 e omega 6 di cui il rapporto ideale dovrebbe essere 1:6 è alla base di molte malattie. (Tra cui patologie coronariche, ipertensione, diabete di tipo 2, problemi immunitari e infiammatori)

 

Gli oli di semi per cucinare

Si è liberi di poter scegliere quello che si vuole, ma da un punto di vista prettamente nutrizionale è meglio non utilizzare questi oli per cucinare.

L’idea diffusa che siano i migliori per friggere è prettamente infondata e basata su dati presi un po alla rinfusa.

Si pensa spesso che un olio di semi abbia un punto più alto di resistenza alle temperature; ma ciò è accompagnato dalla presenza di grassi idrogenati, nocivi per il nostro corpo.

Infatti confronto a quello che si pensa, è assolutamente meglio usare dell’ottimo olio extravergine d’oliva per friggere.

Anche se spesso molti sostengono che con l’olio extravergine d’oliva si appesantiscano molto le pietanze cucinate,;in tal caso basta trovare una tipologia di extravergine con un sapore meno intenso, magari più fruttato.




Ma hanno grassi polinsaturi, che sono grassi sani

Anche questo è vero, gli oli di semi sono particolarmente ricchi di grassi polinsaturi (però c’è una fregatura).

Questi grassi hanno delle strutture molecolari che ad alte temperature si alterano producendo residui tossici per il nostro organismo; diventando così grassi idrogenati.

Per evitare questo problema, il consumatore potrebbe andare a scegliere degli oli di semi ottenuti tramite una spremitura a freddo o provenienti da agricoltura biologica.

Quindi immaginiamoci di recarci al supermercato più vicino a comprare un olio di lino, rigorosamente biologico e spremuto a freddo.

In questo caso avremmo delle ottime garanzie sui metodi di produzione, che non prevedono l’utilizzo di solventi chimici e che non contengono acidi grassi idrogenati; cosi abbiamo risolto il problema no?

Sfortunatamente no.

Infatti data la loro composizione, questi oli sono meno stabili, devono essere rigorosamente conservati al buio, lontani da fonti di luce e calore.

Dopo che sono stati aperti devono essere utilizzati velocemente perché a contatto con l’aria si ossidano velocemente; perdendo cosi le loro qualità salutari.

 

Gli oli di semi si ossidano facilmente

Il processo di ossidazione è un processo naturale; dove tramite una variazione della composizione chimica di un alimento, avviene un processo distruttivo che causa la perdita di valori nutrizionali.

L’ossidazione di grassi degli oli porta all’irrancidimento, questo è il motivo per cui la frutta e la verdura iniziano a imbrunirsi.

L’irrancidimento non comporta solo a una alterazione dell’aspetto estetico dell’alimento, ma altera anche il sapore e il suo valore nutritivo!

Quindi la reazione di ossidazione determina oltre che una diminuzione del valore nutritivo di un alimento, anche un decadimento qualitativo del prodotto.

Nel caso di una mela ossidata, rimangono ancora molte sostanze benefiche, e quindi è possibile mangiarla e non buttarla.

Mentre per un olio vegetale, composto dal 97% da grassi, si viene ad alterare l’intero alimento; rendendolo cosi un alimento da buttare.

L’ossidazione avviene velocemente perché è facilitata dalla tipologia di grassi che è contenuta in questi oli.

ci sono 3 tipologie di grassi, i grassi saturi, i grassi mono insaturi e i grassi polinsaturi.

La differenza di questi grassi è la composizione chimica:

  • I grassi saturi non contengono doppi legami; sono generalmente i grassi animali, non possedendo doppi legami hanno la caratteristica di essere solidi a 20 gradi.
  • I grassi insaturi contengono un doppio legame; sono generalmente i grassi vegetali, possedendo un doppio legame hanno la caratteristica di essere liquidi a 20 gradi.
  • I grassi polinsaturi contengono due o più doppi legami; anch’essi generalmente vegetali.

Il problema con i grassi polinsaturi è che tutti questi doppi legami li rendono molto suscettibili all’ossidazione; questi acidi grassi reagiscono con l’ossigeno presente nell’atmosfera iniziando a deteriorarsi.

Il grasso che mangiamo non è solo immagazzinato come tessuto adiposo o bruciato per produrre energia, ma è anche incorporato all’interno delle membrane cellulari.

Cosi facendo, avendo all’interno del nostro corpo molti acidi grassi polinsaturi, le membrane cellulari saranno più sensibili all’ossidazione; ritrovandoci il corpo pieno di acidi grassi molto fragili facilmente degradabili.

Per questo motivo bisogna stare attenti, e mangiare con moderazione i grassi polinsaturi; variando la dieta e introducendo una quantità moderata di essi. (una quantità moderata non causa problemi)




Omega 3 e omega 6

Qui ci addentriamo all’interno di una delle discussioni più grandi nella alimentazione moderna, quindi proviamo a fare un po di chiarezza.

Ci sono due tipologie di grassi polinsaturi, chiamati omega-3 e omega-6. Sono importanti perché sono grassi essenziali, ovvero non vengono creati dal corpo umano; di conseguenza siamo obbligati ad assumerli tramite l’alimentazione.

Gli studi dimostrano che questi due grassi devono essere introdotti secondo un giusto equilibrio per poter avere il massimo beneficio da essi.

L’equilibrio è un rapporto di 1 a 6.

Tuttavia dall’ultimo secolo questo rapporto è drasticamente cambiato; i cibi industriali e la cosiddetta dieta occidentale, ha portato la quantità di omega-3 e omega-6 ad un rapporto di 1 a 20.

Da qui si entra nel dibattito.

Molti scienziati hanno ipotizzato che una quantità cosi grande di omega-6, rispetto agli omega-3 possa influire sulle infiammazioni croniche.

L’infiammazione cronica è un fattore cardine di alcune delle più comuni malattie occidentali, malattie che si verificano sempre più spesso in quelle popolazioni che mangiano cibo prevalentemente industrializzato.

Fra le malattie occidentali possiamo ritrovare:

  • Obesità (ebbene si, è una malattia)
  • Artrite
  • Infarto
  • Ictus
  • Aneurisma
  • Ischemia
  • Ipertensione
  • Diabete di tipo 1 e 2
  • Osteoporosi
  • Cancro al colon-rettale
  • Tumore alla prostata
  • Cancro al seno
  • Un ampio raggio di disturbi auto-immuni

Fra l’altro esistono anche studi che associano direttamente un elevato consumo di grassi omega-6 ad un aumento di rischio di obesità, malattie cardiache, artrite, e malattie infiammatorie a livello intestinale.

Però altri studi non trovano associazioni tra l’attivazione di marcatori per l’infiammazione e un alto consumo di acido linoleico, che è di fatto il grasso omega-6 più comune.

Quindi hanno iniziato a ipotizzato che non tutti gli omega sono dannosi o salutari, ma dipende dai vari composti, tutt’ora gli scienziati non comprendono appieno quali sono gli effetti dei grassi omega-6 sul nostro corpo.

Una differenza infatti sostanziale fra l’olio d’oliva e gli oli di semi, è che l’olio d’oliva ha una quantità di grassi omega-6 ridotti; una caratteristica ben più che importante.




Integratori di omega 3

Visto che il rapporto fra Omega-3 e Omega-6 è drasticamente cambiato, l’idea di base è quella di integrare gli omega-3 sotto forma di integratori.

Cosi che il rapporto da 1 a 20, torni vicino a 1 a 6, però anch’esso è tuttora sotto studio, perché?

Anche se in apparenza con degli integratori è possibile arrivare a un rapporto di 1 a 6, il problema non è per nulla risolto.

In quanto anche se il rapporto torna a 1 a 6, le quantità di questi grassi sono eccessivamente alte confronto alla norma.

è come ipotizzare che in una tazzina di caffè serva un cucchiaio di zucchero (rapporto 1 a 6).

Se prepariamo una caraffa di caffè e ci introduciamo un cucchiaino (il rapporto sarà 1 a 20).

Allora per correggerlo metteremo altro zucchero (tornando cosi a un rapporto di 1 a 6).

però ingerendo una caraffa di caffè con una giusto rapporto di zucchero, andremo ad assimilare quantità di zucchero eccessiva, visto che per addolcire una caraffa intera serviranno molti cucchiaini.

è un esempio completamente folle e scellerato, ma che può rendere chiaro le contrapposizioni nel dibattito.

Il risultato è che necessitano ancora degli studi per accertare una piena efficacia di questi integratori; anche se sono ben commercializzati sul mercato.

 

Conclusioni

Esistono varie tipologie di oli di semi, che differiscono dal seme originario e dal metodo produttivo.

Per quanto riguarda gli oli prodotti tramite metodi industriali, sono sconsigliati nell’utilizzo sia a crudo e sia per le cotture; in quando apportano più danni che benefici.

Mentre per quanto riguarda tutta quella gamma di oli vegetali biologici, sono altamente sconsigliati per cucinare.

Mentre si possono utilizzare prevalentemente a crudo; ricordandoci però di comprare piccoli formati e di conservali in modo adeguato, consumandoli velocemente, prima che marciscano!

Nonostante tutto: nemmeno la miglior qualità di olio di semi, biologico, estratto a temperature controllate, prodotto solo dai semi di migliore qualità, potrà mai essere migliore di un normalissimo olio extravergine d’oliva che si può trovare al supermercato.

Quindi la conclusione finale e più sensata è questa:

Comprate olio extravergine d’oliva, alla prossima!



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